Categoria: Stanze
Pagine: 112
Prezzo: € 12,00
ISBN: 9788889299937
Anno: 2023
Note: In copertina: Di tra gli alberi di Giulia Napoleone


Risvolto di copertina

A sette anni dalla sua ultima raccolta Domenico Adriano, fra i poeti riservati e notevoli nati sullo scorcio degli anni quaranta, torna con un libro che ha valore di sintesi, forse il suo più intimo, dolente e felice. Il poeta sembra dirvi io sono qui, tra l’intreccio delle mie radici e il cerchio degli affetti; questo è il paesaggio di cui parlo perché lo sguardo meravigliato vi si posi, perché chi passa ne abbia ricordo. Un luogo antico, con al suo centro i rilievi degli Aurunci e le case arroccate di un paese, una costruzione del cuore che s’anima improvvisa per un soffio di vento, un battito d’ali, un germoglio ancora incerto, un gelo e sembra una magia di Bruegel per cui «è fermo l’uccello in aria».

Libro di rigorosa architettura poetica, articolato in cinque campiture compatte e in situazione diacronica, è al tempo stesso un omaggio dell’autore ai suoi maestri, a De Libero e a Vigolo, a Ungaretti e a Margherita Guidacci, ai più prossimi Tommaso Lisi e Rodolfo Di Biasio, fratello maggiore quest’ultimo e maestro a pari titolo. Nel tributo alla loro ispirazione, nell’asciuttezza aristocratica della scrittura, Domenico Adriano ci guida nel suo mondo dalle sopravvivenze arcaiche impersonato da un’ava che conserva per la vita il vestito dell’ultimo viaggio, da un padre amatissimo, reduce dall’internamento, che in soglia di congedo parla con gli uccelli dei rami, da un amore ugualmente di ascendenze antiche che vediamo prendere la parola, farsi voce, “dettare” le improvvise accensioni di una sapienza – Anna sa in dialogo con le piante, gli alberi, i semi della terra. Così che toccherà al lettore, in cerca delle gemme che tra queste pagine abbondano, fingersi con il poeta «con le piante dei piedi / da millenni a terra, noi / le radici stesse degli alberi».

Marco Vitale

 

 

 

Recensione di Barbara Carle

 

Bene non riesco a vedere

come vedono loro, i monti

dall’alto, qui in pianura

dove cammino era l’abisso.

 

 

Leggiamo questi versi memorabili sulla quarta di copertina del nuovo libro di Domenico Adriano. La poesia completa dalla quale derivano si trova nella terza sezione, Cantava fino a squarciarsi la gola. Potrebbero essere emblematici nel senso che ritroviamo la stessa sovrapposizione di uomini e cose tipica della poesia del nostro. Giovanna Grimaldi ha scritto di questo modo caratteristico ben evidente nel suo precedente libro, Dove Goethe seminò violette, Edizioni Il Labirinto, 2015: “Ma la narrazione qui non accetta diaframmi e prospetta subito la cifra metamorfica del libro: sostituisce ai paragoni le sovrapposizioni, fonde persone e cose, presente e passato, realtà e sogno.” Vediamo dai versi citati che lo stesso poeta si fonde con i monti e non solo. Ci sono molti esempi di questo tipo di fusione tra la natura e il poeta, tra le persone e lui, tra le creature e lui. Nella prima delle cinque parti del libro, Le scale che tu più non scenderai, la nonna trapassata viene ricordata attraverso il vestito. Vive ancora in un tempo mitologico dove il poeta indossa lui stesso quel vestito, attraverso la poesia: “Il vestito/pronto già da più di trent’anni/per andare nell’aldilà./Quel santo carnevale/ che festa per te, per me/ che lo indossai.” Nella seconda sezione dedicata alla memoria del padre prigioniero di guerra, Pane mai visto più così lucente, notiamo come un abito acquista di nuovo una dimensione stratificata di sovrapposizione. Si tratta anche della parola chiave del testo: “cappotto di tristezza” che si trasforma in “divisa tedesca.” Insieme al padre il poeta si cala nella veste del ricordo-poesia: “Ti cadde addosso un cappotto/ di tristezza nel raccontare/ – poco tempo prima del morire – / di avere incrociato/ quando schiodarono il vagone/ a suo agio dentro una divisa tedesca/ il terriero tuo vicino di casa.” Nella quarta sezione, In fondo al tempo che non è immobile, ritroviamo un altro “vagone” adesso più felice perché ospita amici e poeti e si ferma ai piedi dell’Aventino a Roma. Questa poesia è più lunga è più intricata delle altre ma ruota intorno a una stratificazione che coinvolge il lettore. Il poeta entra in una camera oscura con il suo amico Emilio Bestetti. Questa camera occupa la prima stanza della poesia. Dalla camera-stanza si passa al libro e all’atto di leggere e camminare insieme. Dalla camera dentro il libro dove entra anche il lettore, si sale sul tram, dove il vagone contiene l’amico e altri amici quali Ungaretti e Piccioni. Qui la sovrapposizione si fa più fitta:

 

camera→stanza→libro→←leggere→viaggiare-camminare

 

Non si scende mai almeno non quando leggiamo: “Soltanto il mio amico Emilio/Bestetti può aiutarmi. Con lui/nella camera oscura/ mi è dato di mostrarvi/ l’uomo che cammina in questa poesia.” La quinta sezione del libro, Sembrano essere sbocciati i ragazzi, contiene pregevoli poesie amorose ma sono scritte dentro questa singolare dimensione dove natura persone passato e presente sono fusi. Il poeta si gode una rara intimità quasi parentela con le rondini: “Le conosco tutte queste rondini/ vengono sempre a trovarmi.”

Si capisce ormai che questo libro è fatto di settantotto poesie divise in cinque sezioni precedute da una poesia in limine dedicata alla memoria di Giovanna Grimaldi. Le poesie ricreano gioie e dolori, passato e presente, famigliari e amici, natura e città. Lo stile è sempre concentrato e misurato. La versificazione è frutto di un’esattezza poetica rara ai tempi nostri.  Il libro si presenta in una veste di grande eleganza e bellezza anche per la stupenda copertina con l’opera di Giulia Napoleone, Di tra gli alberi. La poesia che citerò in chiusura ci fa capire la grande consonanza tra l’immagine in copertina della ramificazione azzurra viola di alberi e radici e il libro.  La poesia dall’ultima sezione che segue si potrebbe considerare programmatica nel senso che esprime la poetica di Domenico Adriano:

 

 

Uomini e donne indissolubilmente

legati. Siamo piante.

 

Con le piante dei piedi

da millenni a terra, noi

le radici stesse degli alberi.

 

 

 

Barbara Carle

California State University Sacramento

Odissea, 21 luglio 2023

 

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