Ai sortilegi della neve, ai suoi silenzi perturbanti, alla sue insidie anche mortali l’autore contrappone un’umanità socialmente composita ma tutta, più o meno, segnata dalla solitudine, da ribellioni senza approdi, da una violenza inferta e subita. Dunque, un’antropologia della marginalità, della dissipazione di sé, della “nerezza” del cuore e, a contrasto, l’esatto immacolato prodigio della natura che ne modella a tratti gli umori, i sentimenti, i destini con la sovrana indifferenza dei suoi paesaggi. A questi due universi apparentemente disgiunti Domenico Vuoto conferisce necessità e forte tensione narrativa. Una tensione che si avvale di uno stile impeccabile, sorvegliato e al tempo stesso estremamente libero nel gioco delle invenzioni linguistiche.
In copertina: La neve di Andrea Aquilanti
da Nessuna direzione
La neve ora scendeva a larghe falde dopo le timide spolverate del pomeriggio. Il vento le scombinava facendole mulinare nell’aria o le sferzava lontano come un esercito in rotta. Lei spostava lo sguardo dalla sarabanda al giardino in basso, remoto nel silenzio, e poi al largo candido nastro di via Battistini dove il giallo del semaforo pulsava come un richiamo inascoltato. Deserta, non fosse per un autobus che arrancava verso via della Pineta Sacchetti e una macchina che seguiva a fatica.
L’arrivo delle tenebre sulla metropoli imbiancata
di Marco Lodoli
«La Repubblica» lunedì 12 gennaio 2015
I tre racconti […] sono ambientati nei giorni della neve del 2012, quando tutta Roma si fermò imbiancata e stupita. E in questa pausa qualcuno esce dal ritmo inconsapevole del tempo e incontra la sua verità, quasi sempre dolorosa, accecante, fatale. Una vecchia signora vuol seppellire il suo gatto nel parco innevato, due coppie si incontrano per una cena devastante, un amore tra due giovani esplode in modo imprevedibile e cruento. Domenico Vuoto ritrae perfettamente questi attimi bianchi eppure scurissimi, questa sospensione ovattata crepata dall’urlo della vita: sa entrare nei pensieri rassegnati degli anziani e in quelli rabbiosi e scomposti dei ventenni, sa bene come mille invisibili premesse producono catastrofi e rivelazioni. La neve copre, ma la scrittura scopre.
Vuoto: la "piccola musica" del racconto
Intervista con Domenico Vuoto di Rodolfo Di Biasio
«America Oggi» 5 aprile 2015
Straordinaria scrittura la sua, bilanciata ogni volta e insieme aperta ad arditezza..
Nessuna direzione, racconti di Domenico Vuoto
Patrizia Passarelli,
«La Recherche» 17 aprile 2015
“Dove siamo? Dove sono più le linee e i confini nei quali ci si riconosceva in questa zona a nord ovest di Roma? Qui e in altri quartieri della città e oltre, oltre ancora, sotto una neve mai così fitta e ostinata, il mondo sembra dissolversi.”
[…] La neve di questa raccolta arieggia quella joyciana del racconto “I morti”. Rispetto alla neve di Roma, spesso corredata di allegrie e vacuità, questa è una neve spiazzante perché se da un lato è accompagnata da una toponomastica dettagliata, rivelatrice di un’approfondita conoscenza dei luoghi, dall’altro i personaggi denunciano la loro incapacità di trovarsi o di perdersi definitivamente.
La luce, quando c’è, non illumina veramente ma sottolinea un lucore di per sé spettrale, taglia il buio, da più corpo al silenzio ovattato, desolato che la neve diffonde, interrotto dal suono meccanico di un citofono, brusco richiamo per il lettore alla realtà dei protagonisti e al loro disagio di vivere.
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