Con uno scritto di Giorgio Patrizi
La misura breve del narrare
di Giorgio Patrizi
«Postura è la posizione del corpo umano nello spazio e la relativa proporzione tra i suoi segmenti corporei».
Questa definizione da dizionario può divenire di fatto una chiave di comprensione e una modalità di riflessione a proposito di questi esercizi che un maestro della narrazione breve come Domenico Vuoto ci propone. Lavora sull’orizzonte della sua descrizione del mondo capace di concentrare in un gesto, un tic, una parola, la fisionomia peculiare di un personaggio. Questi esercizi di postura sono esemplari di modi diversi, ma in fondo paralleli di raccontare il quotidiano. È una modalità che diventa esempio, scelta stilistica, che s’impone, come tecnica di linguaggio narrativo e come modalità espressiva. Esemplare, direi, di una peculiare visione del mondo, costruita sull’osservazione: del dettaglio, del particolare, dell’elemento in scala, che rimanda ai temi maggiori del mondo, alle macro-questioni che rappresentano civiltà e culture.
Varia, ostinatamente problematica, precaria e sentimentale la galleria di personaggi a cui il narratore affida la propria idea di umanità: uomini e donne in perenne ricerca, si direbbe, di una propria identità, quella insieme reale e segreta, da cui scaturisce un mondo particolare, e le sue peculiari verità, attorno a cui si snodano le esistenze. I mondi a cui queste “posture” sono dedicate sono quelli di una quotidianità romana, guardata con amorevole precisione, che fa da supporto – logistico e psicologico – ai movimenti, agli atteggiamenti, alle conversazioni.
Cosa narra Vuoto in questi racconti, in cui è messa in scena la dialettica fondamentale della contrapposizione del nostro quotidiano con quello – solo apparentemente opaco, non comprensibile – degli “altri”? Immigrati, neri, diversi o estranei che tali appaiono, ma in realtà sono solo individui fissati in codici posturali diversi e dunque come tali registrati, all’anagrafe della quotidiana diffidenza verso chi non appare immediatamente omologabile. La preoccupazione dell’incontro con la cultura diversa, che sia espressa da una etnia, o da un genere o da un gruppo sociale estraneo alla omologazione rassicurante, produce posture ben riconoscibili, da entrambe le parti in causa. Ostilità, chiusure, incomprensioni, ansie, solo raramente pulsioni inclusive o solidarietà.
Tante e diverse sono le voci che Vuoto raccoglie, ed ognuna rappresenta una posizione, un modo di affacciarsi sul proprio mondo, esterno ed interno, comunicativo, espressivo, razionale, sentimentale. Lillo, Amina, l’impalpabile, ammonitore Gordio, il verme che si nutre degli organismi che lo ospitano, svuotandoli e spingendoli all’autodistruzione. E ancora i due misteriosi fratelli arabi (terroristi o solo fragili, spaesati abitanti di un mondo complesso?) Maryam e Ayman, capaci di dare vita (anima, sentimento, intelligenza) alla giornata di uomini e donne tipici della nostra quotidianità, solo apparentemente meno fragili.
Posture, appunto, si diceva, esistenziali, psicologiche e, naturalmente linguistiche. A causa loro si rischia di perdere il senso delle parole e della loro funzione: portare alla luce e gestire sentimenti e consapevolezze, come sente la perplessa interlocutrice di Amina, nel Desiderio: «il normale processo di un sentimento sussurrato, urlato, giurato, scritto nei rispettivi social? Un teatrino di strepiti, incanti, promesse, aspettative, desideri, sesso, che si chiude per stanchezza reciproca? E la Parola? La Parola detta, ripetuta fino al parossismo (sigillata da tante altre impegnative parole) dopo il delirio dei sensi e perfino dopo le lacrime? Possibile che se ne sia andata anche la Parola, rimpiazzata dalle ripicche, dai rancori, da qualche residua accensione, dal completo spegnimento?»
Ecco allora che appare ben chiaro il senso ultimo degli esercizi posturali – come in una ginnastica votata alla messa in moto delle strategie di mantenimento più che quelle di difesa. Mantenere la parola attiva, capace di fronteggiare ogni possibile “spegnimento” (nel racconto come nel vissuto, nel nascondere come nello svelare), e disegnare rapporti che non cessano di essere essenziali. La collocazione del corpo nello spazio, come dice il dizionario: ed è la diffidenza vincente nel protagonista del primo racconto, o le strategie di occultamento di Lillo dinanzi alla polizia, o la rivendicazione, mai rassegnata, del proprio essere desiderante in Amina e altro ancora. E il rapporto – dice ancora il dizionario – di relazione tra i diversi elementi di un universo chiuso, come i litigiosi intellettuali che parlano del gordio, o la improvvisa solidarietà che affiora nelle donne che accanto a questi intellettuali si ritrovano, totalmente estranee alla loro sotterranea violenza. O ancora i fantasmatici fratelli arabi che appaiono e scompaiono nella scuola dell’ultimo racconto.
Le posture illuminano mondi diversi, la letteratura che le racconta non abdica alla propria funzione di testimoniare gli individui e le difficoltà delle loro esistenze. La misura breve del narrare distilla la parola più efficace, l’arma più affilata per scrostare cattive abitudini e riconoscere, aldilà di esse, i valori autentici.
Copertina di Giulia Napoleone
Associazione Culturale "Il labirinto"
Per contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
MEDIALIBRI DIFFUSIONE S.r.l.
Via Baldo degli Ubaldi, 144
00167 – Roma
Tel. 06.6627304
Distribuzione NAZIONALE
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
"Il labirinto " - Associazione di Promozione Sociale - Viale delle Milizie 3 - 00192 Roma - C.F. e P. Iva 15075651008 - Realizzazione Geniomela.it