Vi è del tenero e del terribile nella poesia di Sauro Albisani. Un terribile già ben individuato nel suo peso specifico da Luigi Baldacci, che ha definito alcune di queste poesie «canzonette terribili». E c’è anche molta tendresse assieme alla terribilità, intrecciata, anzi fusa, con quella: una miscela inconsueta di tenero e terribile.
Del resto, come può mancare il terribile nella poesia se essa è, quando è vera, parte e partecipe della vita? E come può mancare la tenerezza nel poeta se deve testimoniare – e perciò lasciare che lo segni, portare impressa in sé – quella terribilità?
La testimonianza di Albisani dà conto della quotidianità, nel suo grigiore purgatoriale, ma sostenuta con una interna irrinunciabile luce celeste: il «gioco eterno» della scuola (i tragitti mattutini, le giornate spese con i ragazzi, gli allievi), che rispecchia quello della vita, fatto di perdite, brevi conforti, apparizioni (gli animali sono le toccanti epifanie di questo libro, il fagiano ferito, il corvo-stemma, la lucertola…), e sparizioni. Tran tran, tragedie, prodigi – ovvero, come in due versi fulminanti, «corrusca la luce nel mondo / quotidiana elegia della morte»… Poiché la morte è qui, nei giorni, ombra di quella luce, risolta nei versi di Albisani in elegia, terribile e tenera.
Con uno scritto di Luigi Baldacci
Disegno in copertina di Giuseppe Salvatori
da Terra e cenere
Scene di caccia
I
«Séguita a compiacerti del tuo male,
anche questa giornata è già trascorsa...
ne conosco di attori come te!»
«Non appena quel dèmone m’assale
divento un altro, non ho più né forza
né volontà... mi vergogno di me...»
Nel bar che ho scelto come nascondiglio
così m’apostrofa una voce ironica,
così rispondo, e piango, e meraviglia
i vecchi la mia aria malinconica.
Parlano di politica, di sport.
Ma rido anche, disegno il cielo grigio
sul tavolo celeste, non m’importa
che muoia inutilmente il pomeriggio.
PER SAURO ALBISANI
di Luigi Baldacci
da Terra e cenere
[...] Sono più di vent’anni, a cominciare dall’80, che queste poesie si sedimentano l’una sull’altra. Poi sono state divise, raggruppate secondo argomento, eppure si avverte una continuità silenziosa: «... non m’importa / che muoia inutilmente il pomeriggio» (Séguita a compiacerti del tuo male). I pomeriggi non sono inutilmente morti. Ne è venuto fuori qualcosa che è appunto «la vita. Sempre la vita...», così diceva Raymond Carver. E naturalmente la morte. [...] (per la recensione completa)
ALBISANI, I VERSI DI UN MAESTRO
di Mario Luzi
da «Corriere della Sera»
[...] Nei suoi versi i conti con la realtà attuale si direbbero chiusi ma è ancora in questione l’innocenza della nostra giornata e rimane da spendere un dimesso amore per i poveri di spirito e gli indifesi che lo reclamano e molta perplessità invece e dubbi di insufficienza per se medesimo.
Sintomatiche le pagine su di sé, maestro di scuola tutto sommato solitario come è stato solitario alunno del mondo. [...] (per la recensione completa)
SAURO ALBISANI – TERRA E CENERE
di Giuliano Manacorda
da «Pagine»
[...] Poiché il tema centrale delle sue pagine è il dubbio del vivere – ma nella speranza di una sopravvivenza in altra forse indecifrata dimensione. Da qui un senso di dolore e insieme di fiducia, di problemi, di malinconie, o di angosce che i suoi versi – dono o castigo – lo costringono a confessare in un’ambivalenza psicologica – «soffro di non soffrire» – che lo condanna all’espressione tra brevi rimpianti, coraggiosi autoesami, vergogne e autolesionismi, straniero a se stesso.[...] (per la recensione completa)
SU TERRA E CENERE
di Giancarlo Pontiggia
da «Poesia»
[...] Luigi Baldacci, nella bella e discreta nota di postfazione, sottolinea l’amicizia del giovanissimo Albisani con un poeta meraviglioso (uno dei veri grandi della nostra storia letteraria) come Carlo Betocchi, negli anni così difficili della sua vecchiaia: «È con Betocchi che Sauro ha imparato a essere poeta cristiano da poeta perfettamente classico e classicista qual era all’origine». [...] (per la recensione completa)
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