Il motivo della fama è antico quanto la poesia. Nel poeta moderno è spesso diviso nella duplice postulazione del desiderio e del distacco. Così è in Keats: la fama come coronamento dell’opera del poeta e, all’opposto, come «bruciante inganno». In quegli stessi anni Shelley cercava di comporre il dissidio e nobilitarla: «Fame is love disguised» – «è amore camuffato la fama» – e i poeti la ricercano come ricercano l’amore. L’amore e la fama sono al centro di queste poesie, scelte e tradotte da Gianfranco Palmery che sciogliendo, o riannodando, al suo modo i legami del metro e della rima, riesce a trasportare nella lingua italiana la «sofferta bellezza» dei sonetti di Keats come la negligente eleganza, la sconfortata forza delle stanze di Shelley.
È uno Shelley essenziale e «notturno», lontano dall’immagine più corrente del poeta di panica eloquenza, quello che qui si delinea, per una adesione originaria, si direbbe, al cuore più oscuro della sua poesia, e alla sua forma più nitida, da parte del traduttore. Di amore e fama in questi versi non è celebrato il trionfo: il desiderio non nascosto e perfino crucciato dell’uno e dell’altra ne misura l’assenza o il danno o la dolorosa distanza, in un arco che va dal vagheggiamento ora assertivo ora senza speranza di Shelley, fino all’azzeramento di Keats, nella percezione della loro fugacità, quel balenio, quell’attimo conquistato meditando in solitudine «finché nel nulla amore e fama affondano».
Traduzione di Gianfranco Palmery
Con cinque disegni di Nancy Watkins
da Amore e fama
Quando temo di cessare d’esistere
prima che la mia penna il suo raccolto
in alte pile di libri dal fertile
cervello spigolato abbia rinchiuso,
mèsse di segni in ricolmi granai;
o d’un alto poema scorgo sul volto
stellato della notte oscuri simboli e penso
che potrei non fare in tempo a tracciarne
le ombre, magicamente in mano al caso;
quando sento che mai più ti vedrò, cara
creatura d’un attimo, né mai il fatato
potere d’un impetuoso amore
mi darà gioia; – allora sulla sponda
del mondo immenso in solitudine medito
finché nel nulla amore e fama affondano.
John Keats (Traduzione di Gianfranco Palmery)
Ozymandias
Un viaggiatore da un’antica terra tornando
mi ha detto: due gambe senza tronco, enormi, in pietra
stanno su nel deserto… Un po’ sepolta accanto
sulla sabbia, una testa spezzata, e il suo cipiglio,
il labbro increspato, il ghigno di freddo comando,
dicono che lo scultore ha visto bene quelle passioni,
impresse in cose senza vita, e vive ancora
oltre la mano che le colse e il cuore che le nutrì:
sul piedistallo appaiono queste parole:
«Ozymandias è il mio nome, re dei re:
guardate le mie opere, o Potenti, e disperate!».
Non resta altro. Intorno alla rovina
di quel rudere immenso, nude, illimitate
sabbie lisce e deserte si stendono lontano.
Percy B. Shelley (Traduzione di Gianfranco Palmery)
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