Questo libello è dedicato a tutti gli italiani, e specialmente agli italianisti, ai poeti d’epoca, ai politici, agli esperti in scienze umane, ai giornalisti, ai gesuiti, e dice i ridicoli e tragici miti e riti della produzione e della consumazione, l’eucaristia del turismo, e alcuni dei tanti grotteschi e trionfanti luoghi comuni della mente e della lingua odierne; dedicato a tutti gli italiani fraternamente, si potrebbe aggiungere, ovvero micidialmente, poiché, vi si legge: «L’Italia non ha padri, solo fratelli, come dice il suo inno, e fratricidi, come prova la sua storia».
In copertina un disegno dell'autore
da Italia, Italia
L’Italia è sempre Sanremo. Sanremo è la sua empiria e la sua metafisica, il suo «correlativo oggettivo», la sua allegoria, la sua metafora... Tutto in Italia avviene su quel palco: un piccolo palco pretenzioso, loquace e canterino, gesticolante, ebete, ridarello e carognesco.
L’etica, la politica, l’arte – la vita stessa: sanremizzate, ridotte a canzonetta.
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Metà del cervello degli italiani è occupata dal cibo; l’altra metà è variamente tripartita tra moda, calcio e canzonette; con quello che gli resta si attaccano al telefonino.