Una partenza infinitamente protratta o una permanenza infelicemente precaria: ovvero una lunga vigilia di amore e memoria – amore e memoria della città che si dovrebbe e non si vorrebbe lasciare. A questa divaricazione non rispondono che il passato del ricordo e il futuro della perdita… Nella sospensione della vigilia il presente è come abolito – o piuttosto esiste come tempo di una sparizione interminabile, un tempo imperfetto; e, a rovescio, solo quando è perfetto, passato, può tornare a essere presente. Se «Roma dell’eterna vigilia spariva…», è per farsi teatro onirico, reale, di apparizioni incessanti, di visioni: le compagne di scuola dell’adolescenza e le scolare della galera odierna – dove l’autrice vive, insegnando, la sua secolarità –, il cielo lunare di via Ippolito Nievo (l’ieri) e la polvere nera di via Giolitti (l’oggi): «…dove finisce, dove accelera il tempo? Quello dei / vecchi o quello dei morti?…».
Nella Roma di queste pagine tutto è dolentemente imperfetto, incompiuto, e porta il segno di una trascinante necessità che ha macinato anni e desideri, legando il suo poeta non tanto coi lacci della gioia, quanto con quelli più inestricabili della pena e del lutto. Lacci che la poesia di Giovanna Sicari scioglie luminosamente, con un furioso lucido metaforismo, in versi essenziali e intensi come pochi.
Con tre disegni di Nancy Watkins
da Roma della vigilia
IV
Roma dell’eterna vigilia spariva
nella sua foto di festa, spariva per tutto ciò che
non mi riguardava, per la sua macchina goliardica e oscena
per quella luce portentosa dell’adolescenza
per quella luce dei fari e dei piccioni
per quegli infiniti mesi di maggio
di tutti i tempi, di tutti i tempi
con la stessa febbre che solo qui
dà quella brama non per me protesa.
ROMA DELLA VIGILIA
di Domenico Adriano
da «Avvenimenti»
Tra i libri freschi di stampa, nel Labirinto, Roma della vigilia, di Giovanna Sicari, una raccolta davvero singolare per sintesi e maturità, esemplare nella storia di questa autrice per la quieta irruenza che la percorre e che viene da lontano, chissà, forse dalla febbrile infanzia [...]
ROMA DELLA VIGILIA
di Elio Grasso
da «Poesia»
Le nuove poesie di Giovanna Sicari sorgono da una notte che si è consumata nel mezzo dell’Italia, in quel centro comune a tutte le città, un po’ stracciato e un po’ ricco di energia nascente, astuta. Esse ci parlano di un neonato che piange, di un diseredato che fugge, di questa umanità talmente ricca di sé da poter sfuggire alla propria esaltazione. [...]
SOTTOVOCE NEL GIARDINO DELLA POESIA
di Marco Lodoli
da «La Repubblica»
[...] «Oh follemente ero nel vuoto infinito / dell’indecisione, volevo quelle strade / di Roma senza scampo / rinunziavo o le trovavo / le volevo solo per la mia infanzia / rincorrevo, ringraziavo, pregavo. / Roma e le sue strade / erano il tormento»: così scriveva Giovanna, innamorata di questa città a volte troppo sbadata.[...]
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